Gli anni ’90 sono stati anni molto strani, accadevano cose strane e aveva successo gente strana. Non inizierò ad incensare quel glorioso decennio da me tanto amato e non provate voi, oh mendaci mortali, ad infangarlo. Non starò qui, poi, a farvi la blogcronaca di tutti i generi musicali nati allora. Voglio solo raccontarvi una storia di rock. Una storia di rock strana, com’è giusto che sia.
Momento Carlo Lucarelli. Suspense.
Nel 1990 uscì il disco di una band destinata a diventare famosissima per una sola canzone: “More than words”. Era una ballata tagliavene di lui che diceva a lei “zitta, che parli a fare? Agisci per farmi capire che mi ami, se me lo dici e basta non è sufficiente” (riassunto del testo). Ora, il look dei componenti era tipico dell’epoca: bei ragazzotti dai lunghi capelli, utili da agitare nelle canzoni heavy più cattive. Perché, in realtà, gli Extreme erano un gruppo hard rock, mescolavano funk e metal in maniera un po’ più dura dei Red Hot. Il disco che conteneva More Than Words aveva, ovviamente, un titolo: “Extreme II: Pornograffitti”. Questo titolo avrà scioccato tutti i quattordicenni brufolosi che andavano a comprare il disco per limonare male in cameretta con la compagna di classe mentre mamma preparava la cena. E forse ha scioccato pure la mamma, chissà. Fatto sta che il disco lo comprarono in molti, gli Extreme fecero un tour mondiale e nel 1996 la band si sciolse. Niente di strano, routine nel rutilante mondo del rock, è già tanto che siano ancora tutti vivi, per dire. A distanza di quasi 30 anni (era il 1991), le radio passano ancora la canzone. Tutti, ma davvero tutti, la conoscono. Non hanno idea di chi sia, forse, ma la conoscono eccome.
Arrivo al punto.
Ascolti un certo tipo di musica, ti considerano un musicista di talento, ti fanno incidere dei dischi, hai in qualche modo portato un suono innovativo nel mondo del metal e cosa ricordano di te? La ballata banalotta voce+chitarra e il video in bianco e nero. E lo so che i soldi sono arrivati, e tanti. E lo so che il successo è arrivato e andato, e ti basta. Ma non resta sempre un fondo di amarezza? Non ti chiedi “se solo non l’avessi scritta?” Non pensi, a volte, che sarebbe stato meglio avere un successo minore ma costante basato sul vero stile della band e non questo exploit bruciato in pochi anni?
Ma soprattutto, come curavate quelle belle chiome sane? Olio di argan? E per le doppie punte? Vorrei sapere, dopo tanti anni.