C’è chi nasce con la camicia, non c’è niente da fare. Non è solo raccomandazione, spintarella, corruzione, a volte sei simpatico agli Dei e ti premiano, ti coccolano, ti sono vicini, ti amano, ti danno uno schiaffetto sulla manina e subito dopo il gelato, per compensare.
Poi c’è l’umanità, grigia eppure variegata, quella che si fa il culo e non basta, quella che s’ammazza di fatica e non basta, quella che non dorme mai e non basta, quella, insomma, schifata dagli Dei.
Quella tipo me, ma anche tipo te che leggi, altrimenti non staresti leggendo me.
Il calcio riesce sempre a esemplificare la vita, è il paradigma assoluto.
Se è vero, come è vero, che tutto quello che so me l’hanno insegnato i romanzi russi, è altrettanto vero che la teoria della letteratura trova la sua più perfetta applicazione nel calcio.
Il giuoco del calcio.
C’era una volta a Montevideo un ragazzetto con gli occhi a mandorla e un sinistro che nasce raramente. Alvaro Recoba detto El Chino fa innamorare Massimo Moratti e quando facevi innamorare Moratti, negli anni ’90, avevi 7 generazioni di familiari con il trono d’oro assicurato. Nonostante la lunga schiera di gente losca, avanzi di galera, fuggiaschi dalle maglie della legge e puttanieri prestati al calcio che Moratti ha lasciato pascolare su campi nazionali e internazionali, con la maglia dell’Inter addosso, l’amore dell’ex presidente per Recoba aveva un senso. Ce l’ha per chiunque.
Recoba era amato dagli Dei. Recoba non ha mai cambiato espressione, Recoba non ha mai smesso di avere la faccia di uno che ti sta coglionando forte, fortissimo, eppure non riesci a volergli male. Recoba non ha mai dovuto dimostrare di meritarsi l’ingaggio più alto del mondo del calcio nel biennio 2001-2003. Recoba era amato dagli Dei e gli Dei gli hanno mandato un padre adottivo facoltoso e pazzo di lui, che non lo ha mai messo in dubbio. Recoba magro, Recoba con la trippa, Recoba pigro, Recoba sveglio, era indifferente.
Tutto era indifferente: Alvaro aveva l’amore dei tifosi, del presidente, la simpatia delle tifoserie avversarie, il riconoscimento di un talento eccezionale. Anche quando, indolente e sornione, non faceva niente per meritare tutto ciò. Anzi.
L’assioma del Chino è esattamente questo: hai talento ma non lo applichi, non ti interessa, è naturale per te averlo ed è naturale che gli altri lo sappiano senza che tu debba muovere un sopracciglio. Usi questo talento con parsimonia per continuare ad avere le lodi di tanto in tanto, per divertire il papà adottivo in tribuna, i tifosi sparsi in giro, così, di estro, una domenica pomeriggio, senza badare al risultato in sé, fai la magia perché ti va, come fa un artista: si alza e dipinge, si alza e compone, poi s’annoia e smette per 6 mesi.
E tu, umanità grigia seppur variegata disprezzata dagli Dei, non riesci neanche a domandarti “perché lui sì e io no?”, tu sai che lui è predestinato, nato per essere ricordato, nato per spiccare senza neanche impegnarsi, nato da un ventre di donna che a questo punto sarà d’oro zecchino.
L’assioma del Chino è non poter evitare d’amare e osannare chi ti mostra ogni giorno quanto tu riesca a fare schifo agli Dei, pure se non te ne frega una mazza dei suddetti Dei.