Il profilo Facebook di Guadalupe Acosta è simile a milioni di altri account. Ha alcune foto profilo pubbliche, ha un bel viso regolare, capelli corti e neri, occhi scuri. Si dichiara “paraguaiana, ma soprattutto essere umano”. Parlo di Guadalupe perché il 1° marzo ha scritto un post, a pochi giorni dalla Festa delle Donne. Io l’ho letto oggi, pochi giorni dopo l’8 marzo. Il post di Guadalupe è questo:
Ieri mi hanno ammazzata.
Mi sono rifiutata di farmi toccare e con un bastone mi hanno aperto la testa. Mi hanno accoltellata e mi hanno lasciata morire dissanguata.
Ad ulteriore spregio, mi hanno messa in un sacco di polietilene nero, chiuso con il nastro adesivo, e mi hanno buttata su una spiaggia, dove ore più tardi mi hanno trovata.
Ma peggio della morte, è stata l’umiliazione che è venuta dopo.
Dal momento che hanno ritrovato il mio corpo inerte, nessuno si è chiesto dov’era il figlio di puttana che ha messo fine ai miei sogni, alle mie speranze, alla mia vita.
No, anzi, hanno iniziato a farmi domande inutili. A me, ve lo immaginate? Una morta, che non può parlare, che non può difendersi.
Che vestiti indossavi?
Perché eri sola?
Come può una donna viaggiare non accompagnata?
Sei andata in una zona pericolosa, cosa ti aspettavi?
Hanno biasimato i miei genitori, per avermi dato le ali, per aver lasciato che fossi indipendente, come qualsiasi altro essere umano. Hanno detto che eravamo certamente drogate e siamo andate a cercarcela, che abbiamo fatto qualcosa di sbagliato, che loro avrebbero dovuto sorvegliarci
E solo da morta ho capito che no, per il mondo io non sono uguale a un uomo. Che morire è stata colpa mia, che così sarà sempre. Se il titolo di giornale avesse riportato l’assassinio di due giovani viaggiatori, la gente ora starebbe commentando con parole di cordoglio e, con il suo falso e ipocrita discorso di doppia morale, chiederebbero una pena massima per gli assassini.
Ma essendo donna, si minimizza. Diventa meno grave perché, certo, me la sono cercata. Facendo quello che volevo io ho avuto quello che meritavo per non essere sottomessa, per non voler restare chiusa in casa, per investire i miei soldi nei miei sogni. Per questo e molto di più, mi hanno condannata.
Sono addolorata, perché non sono più qui. Ma tu sì. E sei donna. E devi tollerare che continuino a sbatterti in faccia il solito discorso sul “farsi rispettare”, che è colpa tua se ti urlano dietro in strada che vogliono toccarti / leccarti / succhiare una delle tue zone intime perché indossi gli shorts con 40 gradi, che se viaggi da sola sei una “pazza” e molto probabilmente se ti capita qualcosa, se calpestano i tuoi diritti, te la sei cercata.
Ti chiedo, per me e per tutte le donne che sono state messe a tacere, zittite , cui hanno fottuto la vita e i sogni, di alzare la voce. Andiamo a combattere, io al tuo fianco, con lo spirito, e ti prometto che un giorno diventeremo così tante, che non esisteranno sacchi sufficienti per zittirci tutte.
(Fonte originale dal profilo Facebook da Guadalupe Acosta, traduzione zoppicante mia)
Guadalupe Acosta ha dato voce a due giovani argentine, ammazzate in Ecuador a fine febbraio. Le due ragazze, Maria Coni e Marina Menegazzo avevano poco più di vent’anni. Non viaggiavano da sole: Maria viaggiava con Marina, Marina viaggiava con Maria. Stavano finendo i soldi, in una città ecuadoriana non molto grande. Chi vive lì, pensa che le due ragazze siano state notate, puntate. Due ragazzi, infatti, le hanno notate, le hanno avvicinate, hanno offerto ospitalità gratuita in casa loro. Maria e Marina hanno accettato. Dopo aver rifiutato di fare sesso con i due, sono state semplicemente ammazzate, messe in un sacco e buttate su una spiaggia. Come fossero spazzatura.
Da qui, nasce la solita paternale sessista: ma non lo sapete che non si accetta ospitalità dal primo che passa? Ma non lo sapete che siete troppo giovani? Ma non lo sapete che il mondo è pericoloso? Sì, certo che lo sappiamo. Con una precisazione: non è pericoloso il mondo, sono pericolosi (molti) uomini che lo popolano. Quelli che non accettano un rifiuto e ti infilano in un sacco della spazzatura, quelli che puntano due ragazze con dolo e ne sfruttano la necessità, seppur momentanea. Certo, lo sappiamo che esistono uomini di questa risma. Quello che Guadalupe Acosta ha voluto dire è: perché la vittima deve essere ammazzata milioni di volte? Perché non una voce contro gli assassini? Perché dovrebbe essere logico e normale finire ammazzate per un “no”? Perché dovrebbe essere prevedibile finire in un sacco se qualcuno ti offre un letto per una notte? Perché si continua a giustificare la barbarie col pretesto del “così va il mondo”? Donne che devono spiegare con un hashtag, #ViajoSola, perché devono e vogliono muoversi con la libertà riservata agli uomini.
Il mondo va così perché noi lo lasciamo andare così. Perché non dovrebbero interessarvi le azioni, i vestiti, l’età della vittima, dovreste solo dire: questi due animali hanno ammazzato due ragazze. Ma non vi viene semplice, non vi viene facile, continuate con la solfa del “farsi rispettare”, come dice Acosta, ma se sull’autobus una donna reagisce a una toccata di culo la chiamate esagerata, se sta zitta allora ci sta.
In ogni caso, per voi se la cerca. E finché penserete che le donne debbano viaggiare in gruppi da 8 per essere al sicuro, possibilmente con un padre/fratello cavalier servente, continuerete ad ammazzare milioni di donne. Lo dice una donna che viaggia sola, a volte per piacere, quasi sempre per necessità, avendo paura, spesso, anche di giorno.
Questo è il mondo che avete creato, in cui la vittima va infamata perché non volete guardarvi in faccia, per non dover fare i conti con gli istinti da bestia, l’educazione maschilista da rivedere. Preferite il vilipendio di cadavere.
Sono d’accordo con Guadalupe: alziamo la voce. Non ci sono abbastanza sacchi per ammazzarci tutte.
EDIT: il 18 agosto 2016, in Ecuador, due uomini sono stati condannati a 40 anni di prigione per l’omicidio di Maria Coni e Marina Menegazzo. Gli inquirenti, però, sono certi che quei due non siano i soli coinvolti, per via delle molte tracce ritrovate sui resti e sui vestiti delle ragazze.