Non è un mondo per donne.
Non ancora.
Non lo era il 7 luglio 1993, a Seattle.
Mia Zapata ha 27 anni, ha un gruppo punk, i Gits, ed è molto apprezzata, non solo dal punto di vista artistico, ma anche umano. La sua famiglia d’origine è benestante, ha studiato musica con un maestro sin da piccola, suona chitarra e pianoforte, frequenta i club esclusivi, ma nulla di tutto questo la tocca o le interessa.
La toccano e le interessano le persone, non gli ambienti fighi e i soldi. Condivide vecchie case abbandonate con gli altri ragazzi del gruppo. Mia unisce mondi opposti che sembrano inconciliabili. Mia fa incontrare persone che, altrimenti, non di sarebbero mai parlate.
Mia, s’è detto, ha 27 anni, è una donna adulta, e sta tornando a casa o forse sta andando a casa di amici, alle 2 di notte, a Seattle, la notte del 7 luglio 1993. Mia aveva l’abitudine di mettere le cuffie e camminare ascoltando musica dal walkman.
Mia quella notte viene aggredita alle spalle, stuprata, strangolata. Mia non ha sentito arrivare l’aggressore per via della musica. Le 7 Year Bitch le hanno dedicato un disco, intitolato ¡Viva Zapata!, uscito nel 1994, che contiene la canzone “M.I.A.”. Il testo dice:
No fact, no matter
Society did this to you?
Does society have justice for you?
Well, if not, I do
Jesus Mezquia, un cubano noto alle autorità americane per aver picchiato e abusato delle sue compagne, è stato arrestato grazie al DNA prelevato da tracce di saliva trovate sul corpo di Mia e conservato per 10 anni. Mezquia è in galera dal 2003, ci resterà fino al 2039.
Conosco questa storia dalla metà degli anni ‘90. Il dettaglio delle cuffie mi ha terrorizzata. Avevo una decina d’anni e le portavo sempre. Ho smesso.
Non porto mai cuffie quando sono in giro, anche ora, anche oggi che ho 34 anni, non vivo a Seattle e raramente giro da sola alle 2 di notte.
Smetto di ascoltare musica quando il treno inizia a svuotarsi.
Non le porto quando sono in casa da sola.
Mi riservo questo atteggiamento di controllo, mi nego di ascoltare musica a volume alto se sono da sola, ma il problema della violenza e della brutalità non può davvero ridursi alla capacità di ogni donna di reggere una pressione costante che le chiede attenzione totale, anche all’imprevedibile.
È un problema sociale, è un’urgenza morale, nel senso più ampio del termine. È immorale e illogico che una donna non possa ascoltare un po’ di musica perché rischia di essere ammazzata per strada.
L’idea che la vittima sia anche spesso complice in qualche modo perché poco attenta, incauta, incosciente, è un concetto da frantumare e distruggere.
Anche oggi, 25 novembre, giornata contro la violenza di genere, dobbiamo dire a Mia Zapata che avrà 27 anni per sempre, e che non siamo libere se ascoltare musica camminando per strada quand’è buio e che anche se son passati 25 anni, questo non è un mondo per donne.
Non ancora.