Quando si è in cerca di lavoro, chiedere consiglio a chi opera nel campo delle Human Resources è senza dubbio un’ottima idea. Anch’io lo scorso anno mi sono rivolta a una professionista delle risorse umane per avere delle dritte sull’argomento e chiarire i dubbi più comuni. Stare dall’altra parte della barricata, però, mi ha permesso di sviluppare un certo intuito sulla qualità degli annunci che trovo in rete. Così come un cv non restituisce mai pienamente le competenze e le inclinazioni di un candidato, lo stesso possiamo dire per un’inserzione, ma alcuni dettagli fanno la differenza e creano una sorta di reputazione da non sottovalutare. Questi dettagli però non vengono curati a dovere e a volte non si risponde all’annuncio per questa generica sensazione di poca serietà. Ho deciso di mettere insieme le caratteristiche degli annunci che più mi fanno dubitare (e non fanno dubitare solo me!) e spero possa essere utile a chi ha la responsabilità di scrivere il copy delle inserzioni.
1. Frasi retoriche e abusate
“Azienda leader”, “leader nel settore”, “startup innovativa”, “team giovane e dinamico” sono frasi trite e lette milioni di volte. Fondamentalmente non hanno alcun valore comunicativo e sviliscono il messaggio, sono delle supercazzole che servono a fare da cappello, ma è un cappello parecchio liso. Io cerco lavoro principalmente in ambiti di comunicazione creativa e trovare un annuncio che pare uscito da un giornale locale degli anni ’80 non è un bel biglietto da visita. A volte ho la tentazione di propormi come copy, insomma.
2. Le piattaforme
In Italia abbiamo un bel numero di agenzie che si occupano solo di mettere in contatto aziende e candidati, senza contare i classici cpi, poco glamour ma che comunque esistono. Abbiamo così tanti ponti di questo tipo da aver perso il conto e sono sempre più settoriali, specifici, precisi. Certo, questa agenzie vanno pagate e credo non siano pochi spiccioli. Capirai, però, che un candidato che sta cercando lavoro in un’azienda seria e strutturata, non vedrà di buon occhio il fatto che tu abbia scelto di non investire una certa cifra per cercare un collaboratore attraverso una selezione più mirata e seria, optando per piattaforme low cost o free. Diventare Alberto Tomba tra mille link assurdi, pop up, ads, “sei il milionesimo utente clicca qui per avere il tuo Iphone” non lascia una bella sensazione.
3. Chi siete? Cosa portate?
Se proprio non puoi fare a meno di dire “siamo un’azienda leader”, prova almeno a spiegare perché e chi siete! Gli annunci che riportano chiaramente il nome dell’azienda sono davvero pochi ma credo sia il minimo specificare quale azienda ha pubblicato l’annuncio e in quale zona si trova la sede lavorativa. È una questione di rispetto verso il candidato e di serietà verso il tuo stesso nome. Non specificarlo fa immaginare trame nascoste, ufficiali giudiziari, fallimenti in atto, ricerche per la sostituzione di un collaboratore che non deve sapere di essere un quasi disoccupato, ha il sapore di vertenze a pioggia, locuste, scarafaggi e cavallette. Non proprio edificante.
4. Allegati&Co
In virtù del punto 2, molte aziende non testano le piattaforme che scelgono. Quindi capita di potersi candidare solo attraverso il form della piattaforma che permette di allegare un solo pdf che non pesi troppo, mentre l’azienda nel suo annuncio (senza nome) chiede cv, link portfolio (e non c’è spazio per il link), portfolio in pdf, foto, lettera motivazionale e, perché no, pure un bel video di presentazione. Solitamente al termine dell’annuncio troviamo “inviare tutto a *****@*****.com” cioè una bella serie di asterischi creati ad hoc dalla piattaforma per evitare spam. Riceverai solo uno striminzito cv alleggerito e compresso, perché quello si può inviare. Mi spiace. Tanto.
5. La RAL
Non si lavora solo per soldi, ok, ma sarebbe bello non inviare i propri dati sensibili ad aziende che spesso non mettono neanche il settore che occupano e poi rispondono proponendo una RAL non in linea con la seniority o la semplice aspirazione economica del candidato. Meglio dire subito quanto puoi offrire, almeno in linea di massima, così non si creerà quella spiacevole situazione in cui dovrà essere il candidato a chiedere quanto prenderebbe alla fine del mese. I soldi saranno roba prosaica ma senza ti sfrattano.
6. Annunci ciclici
Sarò brutale: chi cerca o cercava lavoro è iscritto praticamente a tutte le piattaforme possibili, pure a quelle un po’ sfigate dove un’azienda seria non dovrebbe mai essere; si fa prima a restare iscritti e a cancellare la mail anziché annullare tutte le iscrizioni, ci vorrebbe un mese solo per quello. Dunque, almeno una volta al giorno, arrivano le email di alert, e se ogni 3 mesi vedo la stessa azienda cercare candidati per la stessa posizione, mi pongo due domande orribili, ovvero: sfruttano i nuovi collaboratori per tre mesi con contratti di prova oppure fanno database occulto e contrario al gdpr? Sono domande spiacevoli, da fare a sé stessi e all’azienda. E no, non riesco a immaginare l’eventualità che dopo mesi e mesi di ricerca ciclica, non si riesca a trovare un candidato all’altezza del ruolo: o l’azienda non sa formarlo in base alle sue esigenze oppure quello che va sostituito è proprio chi si occupa di HR!
7. Sito in down e social non aggiornati
Ripeto: cercando collaborazioni principalmente nel campo della comunicazione, alcuni dettagli sono più gravi di altri, in quest’area. Se cerco la tua azienda e il sito è in down senza motivo o con un mood sorpassato, i social non vedono aggiornamenti da anni, hai ancora G+ tra i riferimenti, Twitter è un miscuglio di link collegati a Facebook, le foto su Instagram sono sgranate, col filtro Toaster e la cornice nera e ti proponi sul mercato come web agency aggiornatissima o, comunque, come agenzia di comunicazione e marketing, il mio naso un po’ si storce. Anzi, parecchio. Il minimo che si possa fare è curare il primo biglietto da visita, ovvero la propria presenza sul web. Se fossi un cliente e avessi bisogno di farmi un’idea del tuo lavoro, trovare solo un meme abbandonato a sé stesso su Facebook risalente al 2016 non è esattamente qualcosa che mi spingerebbe a contattarti. E pure da candidato, evito.
8. Rileggere vale per tutti
Inviare un cv con refusi ed errori grammaticali fa calare di parecchio la possibilità di essere assunti. Trovare un annuncio di ricerca personale con refusi ed errori grammaticali fa calare di parecchio la possibilità che qualcuno di competente si candidi. Semplice e lineare.
9. Realismo e concretezza
Devi essere in grado di parlare quattro lingue livello C1, usare tutto il pacchetto Adobe alla perfezione, saper gestire i social a livello pro, saper improntare le ads di Google, Facebook e Instagram, essere un mago con le analytics, saper gestire un e-commerce, conoscere i linguaggi di programmazione, devi essere un copywriter storyteller, videomaker e visionario, devi occuparti di marketing a 360 gradi, anche non digitale, e pure del centralino e della piccola contabilità… se poi dai una spazzata al pavimento prima di andare via, grazie mille. Scherzi a parte, vedo annunci con almeno quattro o cinque mansioni diverse, competenze sfaccettate ed eterogenee e vedo pure un solo stipendio. No way.
10. Rispondi!
Quando possibile, dai un feedback, anche negativo. L’email ce l’hai già, crea una risposta automatica e invia una risposta di cortesia. Ancor di più vale per una candidatura spontanea quando non sei alla ricerca di collaboratori: premiare l’iniziativa, quantomeno con un “ora siamo al completo ma grazie per aver pensato a noi e per la stima che ci hai riservato” non toglie più di 5 minuti. E fai un po’ di brand awareness gratis.
Piccola chiosa: anche chi cerca lavoro ha una vita! Le call fiume per spiegare il progetto, le attese di oltre mezz’ora nelle salette soffocanti, la speranza che non si siano dimenticati di te, la paura che invece si siano proprio dimenticati di te e tu avevi un altro appuntamento e per ricordare la tua presenza al mondo tossisci come Marguerite Gautier sul letto di morte, ecco: no. E per favore, al momento del colloquio, la triade delle domande “dove ti vedi tra 10 anni? Perché dovremmo assumere proprio te? Ci conoscevi già?” abbandoniamola come i capelli frisée e l’ombretto turchese perlato.
Poi beh, durante un colloquio mi hanno chiesto “di che segno sei?” e hanno pure risposto “aaaah lo sapevo che eri del segno dei Pesci, ovvio”, provocandomi un’immediata voglia di specchiarmi alla ricerca di branchie e squame che a casa non avevo. Ma è un’altra storia.