La prima opera del giovane scrittore newyorkese Nathan Englander è una raccolta di “short stories” , 9 brevi racconti incentrati sulla figura dell’ebreo nel mondo di ieri e in quello contemporaneo. L’autore però offre nuovi spunti e nuovi argomenti ad una letteratura millenaria segnata da secoli di persecuzioni e diaspore. Non cede all’impulso di compiacersi della propria scrittura fortemente suggestiva ed evita il cliché dell’ebreo cresciuto con l’atavico peso del mondo sulle spalle. Tutti i racconti hanno una elegante vena umoristica estremamente sottile, anche quando tratta temi drammatici. Il primo e l’ultimo racconto sono con ogni probabilità i più coinvolgenti.
Nel “Ventisettesimo uomo” Englander tocca un tema poco conosciuto, ovvero le persecuzioni patite dagli ebrei durante il regime di Stalin. Il “ventisettesimo uomo” è un giovane appassionato scrittore, assolutamente sconosciuto, che per un tragico errore finisce nella lista degli “intellettuali sgraditi” a Stalin. Il racconto dell’arresto di tutti i componenti della lista è comico e al tempo stesso assurdo: la polizia costretta ad arrivare per ordine dei superiori alla stessa ora, nello stesso luogo, con i prigionieri catturati in zone diverse dell’immensa Russia. Drammatico è invece il finale, dove Englander in poche righe condensa gli ultimi attimi di vita dei prigionieri, dando prova di avere una profonda forza narrativa, suggestiva e penetrante.
Il racconto che chiude la raccolta, “La nostra saggezza”, è l’unico narrato in prima persona perché il protagonista è lo stesso Englander. Nato nel 1970, alla metà degli anni ’90 decide di trasferirsi a Gerusalemme. Qui, resta miracolosamente illeso dopo un attentato che farà decine di vittime. Englander racconta la sua paura, la “sindrome del sopravvissuto”, la forza di un popolo che si sente perennemente sotto assedio e la capacità di tornare alla vita quotidiana.
Tutta la raccolta è attraversata dal tema dell’impulso, dell’urgenza, dell’ossessione: Pinchas Pelovic (“Il Ventisettesimo uomo”) continua morbosamente a comporre il suo romanzo prendendone nota mentalmente anche nella buia prigione dov’è rinchiuso; Ruchama (“La parrucca”), incapace di accettare gli anni che passano e i capelli che sempre più si diradano, finisce per comprare i riccioli di un giovane per creare una parrucca, l’oggetto che la farà tornare di nuovo giovane; Gitta (“Nell’altro senso”) vittima di un infelice matrimonio combinato, prigioniera di un marito che non vuole concederle il divorzio nonostante le minacce e i pestaggi, che fantastica di farlo uccidere e riottenere così la sua libertà dopo 30 anni di disperazione; Dov Binyamin (“Per alleviare insopportabili impulsi”) uomo onesto e retto che ottiene una dispensa dal rabbino per avere un incontro con una prostituta, in attesa che la moglie spontaneamente si riavvicini a lui.
Ogni racconto è una perla di tagliente realtà e tenera comprensione verso quest’umanità tribolata ed infelice. Nathan Englander ottenne ottimi consensi, il libro venne poi distribuito in 8 Paesi.
Leggendolo, non è difficile capirne il perché. Potete trovarlo qui, edito da Einaudi.